jueves, 25 de mayo de 2017

Pastor Ulises Barreiro è uno scrittore argentino

                           Contatti: barreiroulises@gmail.com
                          Blog:www.ulisesbarreiro.com.ar

Presentazione:
Pastor Ulises Barreiro è uno scrittore argentino nato a Buenos Aires il 19 dicembre 1976. Laureato in Storia e Scienze Sociali nella Università di Buenos Aires (UBA).
Fin dall’ adolescenza dedica la sua vita a studiare la problematica dei contadini poveri e le comunità originarie  in Sudamerica che devono sopravvivere  dentro un regime capitalista.
 Docente e amante della pedagogia, la sua opera letteraria si caratterizza per i contenuti ideologici sulle lotte di classe, in particolare della classe lavoratrice. Nei suoi romanzi e racconti si intravedono sfumature di valori culturali diversi. Con una forte posizione a favore degli oppressi dal sistema, la sua opera letteraria si fortifica nella ricerca di una ideologia “contro egemonica”, popolare e proletaria.


Ha partecipato a diversi congressi e seminari su:  politiche educative di inclusione, educazione pubblica  e comunicazione sociale, Pedagogia e Storia, Pedagogia e Arte, Antropologia, Sociologia e Storia in tante città della Repubblica Argentina e anche all’Estero.


Attualmente lavora come docente di storia nelle scuole secondarie di I e II grado della città di Buenos Aires, ma si dedica particolarmente ad insegnare nelle “scuole rurali” o “scuole per adulti” (centri di formazione per gli operari e lavoratori che non sono ancora stati alfabetizzati o che non hanno raggiunto una minima maturazione scolastica) In tanti paesi di America Latina, inclusa L’Argentina, si verifica ancora un alto livello di  analfabetizzazione delle classi povere , non solo in campagna, ma anche e soprattutto nelle grandi città.

 In questo ambito dei lavoratori che non hanno avuto la possibilità di essere “inclusi nella educazione pubblica” , Ulises Barreiro svolge la sua lotta quotidiana contro uno stato assente , appoggiando le politiche d’integrazione e mettendo la sua opera letteraria  al servizio di queste problematiche. Per questo scopo ha viaggiato in diversi paesi  come Cuba, Bolivia, Brasile, Uruguay, Russia, alla ricerca di testimonianze e documenti che possano approfondire lo studio di queste  particolari situazioni sociali. Allo studio della Rivoluzione cubana ha dedicato un tempo speciale. La sua tesi “ L’origine ideologico della rivoluzione cubana del 1959” è diventato il punto di partenza della sua ultima opera letteraria ancora in corso.



Le sue opere letterarie:
2017: "La magia di Molinari", casa editrice Dragones Voladores, 1 edizione, Bs As, Argentina.
2015:  “Haunebu II”, casa editrice Dragones Voladores, 1 edizione, El Alto, Bolivia. -
2015:   “Haunebu II”, casa editrice Dragones Voladores, 1edizione, Mendoza, Argentina. - ISBN  978-987-33-7270-4
2014:    “Storie della Vía Láctea”, casa editrice Dragones Voladores, 1 edizione, El Alto, Bolivia. - ISBN 978-9872-89622-5
2013”Le avventure di Derviche Murad e Fraile Guevara nel tesoro nascosto”, casa editrice Dragones Voladores, 3° Edición, La Paz, Bolivia. :  ISBN 978-987-28962-0-1
2012:   “Fantastiche storie di San Telmo”, 1° edizione, Mendoza, Argentina. ISBN 978-987-33-1695-1
2011 “La Caduta”, casa editrice Osiris, 1° edizione, Madrid, Spagna. -:  ISBN 9-788461-540310
2010:   “Il tesoro nascosto”, casa editrice Dunken ,2° edizione, Buenos Aires, Argentina. - ISBN 978-987-02-4196-6
2003-2011:  Co-editore del Fascicolo Culturale e Letterario “5puntos”, Argentina.

 Testi di ricerca antropologica e pedagogica pubblicati dall’ autore:

2014: “Introduzione al mondo dei Mayas”, in collaborazione con  l’Antropologa Dominique Gromez, c. editrice Aguirre, 1 edizione, Mendoza, Argentina. ISBN 978-987-28962-3-2
2014:  “Tutorial del primo anno dell’ istituto di formazione  Docente N39 di Vicente López”, con Pablo A. O Dwyer e Andrea Álvarez Sánchez, casa editrice dell’Università di Comahue, Neuquén, Argentina. ISBN 978-987-604-406-6:
2014 “Pratiche di promozione alla lettura nell’ Istituto di Formazione Docente N39 con Pablo A. O Dwyer e Andrea Álvarez Sánchez, casa editrice dell’Università di Comahue, provincia di Neuquén, Argentina. : ISBN 978-987-604-406-6:
2013:  “I Mayas e il loro rapporto con l’ambiente”, in collaborazione con l’Antropologa Dominique Gromez, casa editrice accademica spagnola, 1 edizione, Madrid, Spagna. ISBN  978-3-659-07971-9
2012: ISBN 978-3-659-02678-2   “La Trasformazione sociale attraverso l’Arte e la Pedagogia”, in collaborazione con l’Antropologa Dominique Gromez. Casa editrice accademica spagnola, 1 edizione, Madrid, Spagna.






 Pubblicazioni di antologie:

2014:   “La Cultura  della parola”,  “L’anónimo di Barracas”, pubblicato nel XI Concorso internazionale di Poesia e Narrativa del 2014.  Istituto Culturale Latinoamericano, pubblicato a Junín, Provincia de Buenos Aires, Argentina. ISBN 978-987-3348-03-7
2013:  “Poesia e te”, Direzione generale di Cultura ed Educazione della provincia di Buenos Aires.
2013: Racconto breve “Svegliandosi", menzione di onore a  Villa General Belgrano, provincia di Córdoba, Argentina. ISBN 978-987-676-066-9,
2013: “Uno sguardo verso sud”, Provincia de Buenos Aires, Argentina.
2013: “La forza della parola”,“Fantasmagorico ricordo”.Menzione d’onore nel XXXVI Concorso Internazionale di poesia e narrativa. Provincia di Buenos Aires, Argentina. ISBN 978-987-451-43-0-1
2013: “ Svegliandosi nella sala di lettura”, premio Ensayo Limaclara 2013, Lima , Perù.
2013:   Racconto breve : “L’Allegria”.IX Incontro Nazionale di Narrativa, pubblicato in Provincia di Córdoba, Argentina.
2013: “ La Battaglia di Merida”. Antologia Letteraria del Professore Di Marco 2013, Provincia di Buenos Aires, Argentina. ISBN 978-987-28962-1-8
2012: Racconto breve su Bialet Masse,VIII Incontro Nazionale di Narrativa, Provincia de Córdoba, Argentina






Formazione pedagogica complementare, seminari e congressi di Storia e Scienze Sociali.

2015: I Incontro di Storia del Movimento Operaio e La Sinistra, nel Centro Culturale Paco Udaondo, Università di Buenos Aires, Buenos Aires, Argentina.
2015: 24° Incontro Internazionale di Educazione, Buenos Aires, Argentina.
2015: Presentazione: I LICEI POPOLARI IN ARGENTINA: UN AVVICINAMENTO ALL’ ESPERIENZA  DEI LICEI 1º DI MAGGIO E PAULO FREIRE. Presentata nel XIV Congresso Internazionale di Pedagogia di La Habana, Cuba. Collaboratore  nel  24°° Incontro Internazionale di Educazione, Buenos Aires, Argentina.
2014: Conferenza: “La scienza come un racconto: L’importanza della lettura nell’educazione, tenuta dal Lic. Alberto Rojo, all’interno dei corsi di formazione docente della 40° Feria Internazionale del libro di Buenos Aires, Argentina.
2014: Discorso didattico su Don José de San Martín nella scuola superiore  San Martín de Boulogne, Buenos Aires, Argentina.
2014: Seminario Internazionale: “Migliorare l’apprendimento nella scuola dell’obbligo. Politiche e attori”. Organizzato dall’ IIPE della  UNESCO regionale di Buenos Aires.
2014: Conferenza: “L’importanza della lettura nello sviluppo dei valori e della capacità di riflessione critica nei bambini e adolescenti”,tenuto da Eugenio Echeverría. 40° Feria Internazionale del libro di Buenos Aires, Argentina.
2014: Seminario:” Un’inclusione educativa di qualità”, Politiche publiche. per FLACO.
2014: Conferenza di Mario Carretero: “Cambiamento Concettuale ed educazione”. Università di San Andrés, Provincia di Buenos Aires, Argentina.
2014: Corso di archeologia professionale. Istituto MasSaber, con sede in Barcellona, Spagna.
2014: Corso di Grammatica e Redazione. Centro Culturale Rector Ricardo Rojas, presso Università di Buenos Aires.
2014: Volontariato nella O.N.G. Mayan Families, nel Dipartimento di Educazione,gennaio 2014, Panajache, Guatemala.
2013: Presentazione della carta: “Soggetto pedagogico nella Scuola pubblica, Scuola privata e nei Licei popolari. VII Incontro di investigazione  Santiago Wallace, facoltà di Filosofia e Lettere dell’Università di Buenos Aires, Argentina.
2013: Seminario Internazionale nell’ IIPE-UNESCO 1013, su Educazione e politiche Sociali, facoltà di Economia dell’Università di Buenos Aires, Argentina.
2013: Congresso di Educazione San Isidro 2013, città di San Isidro, Organizzato dal Comune di  San Isidro, Provincia di Buenos Aires, Argentina.
2013: Seminario di Storia, El Alto,Città di La Paz, Bolivia. Aprile 2013,Onorabile Consiglio  Universitario dell’ UPEA.
2013: Presentazione: “La lettura nella formazione docente”. N39 di Vicente Lopez, Buenos Aires. 16° Congresso Internazionale di promozione della lettura e del libro.
2013: Seminario: “La Trasformazione di uno Stato mononazionale ad uno Stato plurinazionale. 3 anni dello Stato Plurinazionale di Bolivia , città di Cochabamba, Bolivia.
2013: Seminario:” Genocidio nell’epoca della Conquista” , Istituto di formazione Docente N39 di Vicente Lopez, Buenos Aires, Argentina.
2013: 7 Incontro internazionale di Arte e Letteratura, Rosario, Argentina.
2013: I  e II Congresso Internazionale di Educazione : “Strategie di fronte ai cambiamenti”, provincia di San Juan, Argentina.
2013: Seminario:”Storie occulte di Bolivia”.Università Pubblica di El Alto, La Paz, Bolivia.
2013: Conferenza e seminario di Juan Carlos Tedesco: ¨Le sfide dell’Educazione in America Latina, Università di San Andres, Buenos Aires, Argentina
2013: 5 Foro Nazionale di Educazione per il cambiamento sociale, i popoli originari. La Plata, Buenos Aires. Argentina.
2013: 5 Foro sulla qualità educativa, Università Cattolica, Buenos Aires.
2013: Conferenza tenuta da Silvia Finochio,. “L’insegnamento delle Scienze Sociali in America Latina”, Incontro Nordpatagonico, provincia di Río Negro, Argentina. -
2013: Presentazione: “”Pratiche di lettura nell’istituto di formazione Docente N39 di Vicente López”. Incontro Norpatagonico, provincia di Río Negro, Argentina. -
2012: Presentazione: “L’educazione dei bambini, ragazzi e adulti nell’Unione contadina di El Chaco”. III Incontro Latinoamericano di Ricerca sull’educazione e formazione. Università di filosofia e Lettere di Buenos Aires,
2012: Seminario su Violenza e discriminazione, Diversità e convivenza all’interno della scuola. Istituto di formazione docente Anna Frank. Buenos Aires.
2012: Semiario Internazionale 2012. “Politiche educative”. UNESCO,  Centro Culturale MALBA, Buenos Aires.
2012: Seminario: “Cultura Viva e Comunitaria, politiche pubbliche e  Movimenti sociali in America Latina . Auditorio Manuel Belgrano della  cancelleria Argentina.
2012: Seminario:”La Storia orale”. Istituto di formazione N39. Buenos Aires.
2012: Seminario: “L’insegnamento delle Scienze Naturali in contesti vulnerabili”. Università di San Andres.
2011: Presentazione: “Autogestione e politiche pubbliche”. Il Liceo popolare Paulo Freire, IX Incontro di Sociologia Pre ALAS Recife 2011, Università di Buenos Aires.
2010: Programma di Trasferimento: Imprese recuperate dai lavoratori, creazione di cooperative. Università di Buenos Aires.
2010: Libro Bianco della Difesa Nazionale 2010, laboratorio: Cooperativismo e integrazione regionale. Buenos Aires.

domingo, 21 de mayo de 2017

Se presentó el último libro del Escritor Ulises Barreiro llamado "La magia de Molinari" en CABA


Corea le responde a EEUU y su agreción imperialista

En qué se diferencia el nuevo misil norcoreano frente a los anteriores

Según el régimen de Pionyang, el arma sería capaz de atacar bases de EE. UU. en el Pacífico.

                          
Algunas fotos lo muestran en un hangar cerca del misil, y en otras aparecen aplaudiendo junto a oficiales después del disparo. Se trata del segundo lanzamiento de misil en cerca de dos semanas y el primero desde que el presidente Moon Jae-In llegó al poder en Corea del Sur. 

La prueba estaba destinada a examinar "los detalles técnicos y las características" de un nuevo tipo de cohete, "capaz de transportar una carga nuclear grande y poderosa", asegura KCNA. 

El misil realizó la trayectoria prevista, alcanzando una altura de 2.111,5 kilómetros y cayendo a 787 kilómetros de distancia del punto de lanzamiento, "precisamente donde se quería", agrega la agencia oficial norcoreana. 

Ello indicaría que este misil puede tener un alcance de 4.500 kilómetros, según los expertos. 

El misil se mantuvo en el aire durante una media hora, antes de caer en el mar de Japón, situado entre los dos países, según el portavoz del gobierno japonés, Yoshihide Suga. 

Otro misil de prueba lanzado en marzo también cayó en una zona muy cercana a Japón, desatando alarma en Tokio.


martes, 9 de mayo de 2017

¡Adonde vayan los iremos a buscar!

El fallo de la Corte Suprema que beneficia a los genocidas con el 2x1 es un paso más en un camino represivo que atenta contra las libertades democráticas de los trabajadores y el pueblo. El ajuste y la entrega de Macri no cierran sin represión. Hay que pararlos con la movilización popular

1. “No llego a fin de mes”
El gobierno está a la ofensiva con su campaña electoral. Macri y Vidal son los protagonistas de esa campaña. El fin de semana pasado, el gabinete nacional y 500 funcionarios bonaerenses fueron a actos y timbreos. Macri ya lanzó su candidatura para la reelección en el 2019. En cada lugar, el presidente, la gobernadora y sus candidatos, sonríen para la foto y la TV. Centran en el Conurbano Bonaerense, y tienen la ambición de ganar Santa Fe para dar la imagen de su triunfo en agosto y octubre. Pero sin descuidar la pelea en ninguna provincia ni en la Capital Federal.

Los plazos se acortan. En junio, el 14 cierran las alianzas y el 24 las listas de candidatos.
Es feroz la presión del gobierno y las clases dominantes para ocultar el marzo caliente y el paro nacional, en nombre de la gobernabilidad. Como si los millones que se volcaron a las calles y pararon la producción no existieron. Solo existieron los movilizados el 1° de abril.
Hoy la frase más escuchada es: No llego a fin de mes. El gobierno fracasó en sacar la economía a flote. Una razón clave de ese fracaso fue que las luchas frenaron el ajuste que cargaba sobre los de abajo la salida de la crisis. Por eso Macri se ve obligado a volver a polarizar con Cristina y repetir el cuento de que, si gana, después de las elecciones vienen las buenas. Pero es al revés, Macri necesita ganar las elecciones para ir a fondo con su plan.

Viajes a Estados Unidos, China y Japón, vienen jefes de Estado de Italia y Alemania, y acuerdos con Inglaterra: vender la soberanía es la otra clave del plan Macri.
Un plan que no cierra sin represión.

2. Quieren aplastar al movimiento obrero
Macri compró a un sector del peronismo sindical, como se vio en el acto del Momo Venegas y “las 62 organizaciones”. Usa los fondos de las obras sociales: el Uatre del Momo fue uno de los que más recibió; y Comercio, UPCN y Construcción recibieron el 22% de los fondos de prestaciones especiales, y poco a nada a otros gremios. Está en marcha paralizar y dividir a la CGT. Confronta con los gremios en lucha, como los docentes, que siguen la pelea. Y quiere dividir la unidad de acción de ocupados, desocupados y precarizados, y jubilados, para golpearlos por separado.
Macri quiere “domar” al movimiento obrero para acabar con los convenios colectivos por rama y rebajar los salarios. Lo está haciendo en gremios de petroleros, mecánicos, construcción, etc. Quiere paralizarlo, que no haya plan de lucha, ni un nuevo paro nacional. Trabaja para sacar de las calles a los desocupados y precarizados que le impusieron la emergencia social, y a los mayores que reclaman por sus jubilaciones de hambre.

3. Quieren paralizar a los movimientos populares
La rebeldía del campesinado y los originarios de las economías regionales, su Marcha Federal y sus jornadas, golpea otra viga maestra del plan de Macri: concentrar y extranjerizar la tierra. Para Macri, la tierra es para los agronegocios, la megaminería saqueadora y contaminante y los emprendimientos para turismo extranjero.
Para esos negociados con la tierra, avanzan en un nuevo genocidio, expulsan a obreros rurales de los cultivos regionales, y a campesinos y originarios de sus tierras como están haciendo con diaguitas en Tucumán, wichis en Salta y mapuches en la Patagonia, entre otros. Y los empujan a las villas de las ciudades para los peores trabajos.
La droga, la trata y la prostitución, son los negocios más rentables. Este es un gobierno de empresarios, y Macri es un empresario que hizo enormes negocios con la dictadura. Ahora puso de jefe de la Bonaerense a un hombre de la DEA (la agencia que abastece de droga a 40 millones de consumidores yanquis y garantiza que los dólares de la droga vayan a sus bancos). Y el jefe de la Policía porteña manejaba las coimas de los negocios sucios. No se puede combatir a la droga negociando con la droga.
Asesinan un cura en Tucumán, permiten que le hagan de todo a un fiscal que actuó contra una cadena de prostíbulos, y está investigando la cadena de las coimas que recibía la Bonaerense de las mafias: tratan de asustar al que se juegue contra las mafias. No hay presupuesto para tomar medidas de fondo en la prevención de la violencia contra las mujeres y de la droga en la juventud.

Todo esto pasa porque el Estado es parte de ese negocio y no de la solución de esas lacras. Por eso quieren silenciar a ese masivo movimiento de mujeres que asombra al mundo. Y quieren impedir que crezca el movimiento juvenil contra la droga y la rebeldía de los jóvenes por un futuro digno. Intentan hacer, con estos movimientos, lo que intentó Cristina con Hebe de Bonafini: coparlos para vaciarlos de contenido.

4. Pelear el voto: para la lucha y la Patria Nueva
Macri viene por todo. Para imponer su plan reaccionario, necesita un triunfo electoral y parar el auge de luchas que enfrenta su política.
                      

En política, Macri necesita aplastar a las fuerzas combativas de la izquierda popular, democrática, antiimperialista y progresista que encabeza la lucha en las calles. Y polariza con Cristina para domesticar una parte del peronismo y dividir al resto. Lo intentó Frondizi, su ídolo: golpista contra Perón en 1955, llegó al gobierno con los votos peronistas, y terminó vendiendo el país, encarcelando y militarizando a los gremios y proscribiendo la constitución.

El Congreso del PTP mostró que la izquierda popular, democrática, progresista y antiimperialista tiene condiciones para irrumpir en las elecciones con fuerza. También lo demostró el lanzamiento, en Santa Fe, de la candidatura a diputado nacional de Carlos del Frade, por el Frente Social y Popular. Se avanza hacia un frente en Buenos Aires, y se acordó en el Chaco un frente del PTP, PS y Libres del Sur. Avanza la negociación en Capital Federal y más provincias.

Nada será fácil en ningún lado. Frente a las campañas multimillonarias, las fuerzas populares tienen la fuerza de miles de luchadores que quieren su herramienta política, denunciando los planes macristas, y discutiendo y ganando cada voto. Para que sea un voto con futuro. Un voto para fortalecer la unidad para la lucha contra los planes de ajuste, entrega y represión de Macri, con un plan de lucha hacia un nuevo paro nacional y multisectorial. Un voto para acumular fuerzas y conquistar un gobierno del pueblo que garantice trabajo, tierra, techo y soberanía: la Patria Nueva.
firma:  Escribe Ricardo Fierro

NUEVAS OFENSIVAS PARA RELATIVIZAR EL GENOCIDIO ARGENTINO


Lo que dicen los números

Por Daniel Feierstein*

El presunto “debate” sobre el número de desaparecidos busca capturar el sentido común acerca del pasado reciente para minar muchos de los logros de la lucha por la memoria y contra la impunidad negando la extensión del terror en la sociedad. 

ucho se ha avanzado en los modos de elaboración del genocidio argentino. Y uno de los mayores logros es que ni siquiera los más conspicuos defensores de sus responsables se animan, todavía, a legitimar el exterminio.
Sin embargo, en estos últimos años, han comenzado a implementarse nuevas ofensivas para incidir en las disputas por la captura del sentido común en la reconstrucción del pasado. Ofensivas que van logrando minar, lentamente, muchos de los logros de la lucha contra los objetivos de los genocidas.
Se trata de una serie de planteos conjuntos, a saber: la creación de una nueva versión de la lógica de los dos demonios; el cuestionamiento de elementos simbólicos fundamentales de los marcos sociales de memoria sobre el pasado (la calificación de genocidio, el número de 30.000 víctimas, la diferencia entre violencia estatal y acciones de insurgencia, entre otros); las denuncias de corrupción, esgrimidas genéricamente sobre el conjunto del movimiento de derechos humanos, que buscan enlodar el enorme respeto construido a lo largo de décadas de lucha contra la impunidad (1).


Derribar los símbolos:
Entre el ataque a los elementos simbólicos construidos en más de treinta años de lucha contra la impunidad, destaca la controversia planteada con respecto al número de víctimas estimadas hacia finales de la dictadura por algunos organismos de derechos humanos: 30.000. Este presunto “debate” sobre el número no busca una precisión abstracta ni se basa en razones inocentes. Su objetivo es destruir conquistas en la lucha por la construcción de la memoria colectiva, ya que se pretende sugerir que muchas víctimas no merecen ser tratadas como tales, que se “inventaron” casos, que la represión no tuvo la dimensión que se cree (y por lo tanto tampoco la gravedad, “no hubo plan sistemático”), que hubo “otras víctimas” no contabilizadas (en la equiparación de las consecuencias de un genocidio con acciones de otro orden como la insurgencia o la resistencia ante los genocidas), entre otras cuestiones.
Algunas de las expresiones más difundidas de esta tendencia han sido la publicación del libro Mentirás tus muertos (de José D’Angelo, quien se presenta como “militar y periodista, carapintada y participante de la represión al intento de toma del cuartel de La Tablada”) o las declaraciones del ex secretario de Cultura de la Ciudad de Buenos Aires, Darío Lopérfido, y del titular de la Aduana, Juan José Gómez Centurión. Pero no han sido los únicos y el tema comienza, cada vez más, a ocupar los medios de comunicación masivos en el prime time, donde aparecen familiares de las “víctimas del terrorismo” o miembros de nuevas organizaciones de “asistencia a las víctimas” como el Centro de Estudios Legales sobre el Terrorismo y sus Víctimas (CELTYV), que buscan parodiar en espejo a los organismos de derechos humanos.
El planteo es simple pero efectivo: de una parte se quiere “cerrar” el número de víctimas de la dictadura genocida, utilizando para ello las conclusiones y los errores de los listados elaborados en 1984 por la CONADEP (imposible que no contuviera errores dado el terror de la época y la falta de información estatal, imposible que fuera un listado exhaustivo por los mismos motivos). A su vez, estos “cálculos” eliminan de dichas cifras a los asesinados, a aquellos cuyos cuerpos aparecieron o a quienes sobrevivieron a la persecución. Simultáneamente, se “infla” una lista de “víctimas del terrorismo”, donde se califica como terrorismo a la insurgencia (error conceptual insostenible, ya que la misma no fue terrorista), y se suman sin ton ni son en listados imprecisos a represores ajusticiados, víctimas de enfrentamientos militares, víctimas colaterales de tiroteos en los que no se tiene constancia del origen de las balas letales, empresarios secuestrados por las fuerzas insurgentes, entre otros casos, cada uno con su propia especificidad, que requerirían análisis puntuales y en nada se equiparan con un plan sistemático para reorganizar a partir del terror la identidad nacional argentina.
La diseminación del terror
No obstante la intencionalidad negacionista de dichos planteos, vale la pena de todos modos analizar la curva de denuncias del ejercicio de la violencia estatal desde el fin de la dictadura hasta el presente, para tener una imagen más global de la complejidad de la discusión, las diferentes cuestiones que involucra y cómo se las banaliza cuando se pretende que las realidades históricas puedan saldarse con un “número final de víctimas” (2).
Uno de mis equipos de investigación se encuentra trabajando a fondo sobre los procesos de denuncia en la provincia de Tucumán (3). Allí, el informe de la CONADEP del año 1984 tenía registradas 609 denuncias. Al día de hoy, el Área de Investigación de la Secretaría de Derechos Humanos de la Nación cuenta con un total de 1.005 denuncias con información verificada y completa (esto no incluye los casos incompletos o actualmente en proceso de trabajo y ha excluido todos los errores del listado original). Los casos registrados por mis equipos de investigación (que incluyen las denuncias investigadas en sede judicial) suman un total de 1.202 casos, que también refieren sólo a aquellos verificados y completos, con lo cual siguen siendo cifras parciales en tanto hay otros centenares en proceso de verificación, tanto por parte de la Secretaría de Derechos Humanos como por nuestro propio proyecto (4). Es decir que al día de hoy contamos con el doble de casos que se contaban en 1984 (y verificados). Esto contrasta con las estimaciones de los “críticos de los 30.000”, que se basan en los datos de 1984 (algunos incluyen las correcciones de 2006, pero ignorando las denuncias producidas a partir de dicho momento o las que existen en sede judicial pero no fueron aún relevadas por la Secretaría de Derechos Humanos de la Nación).
Resulta enriquecedor observar también las características de los casos en función de los períodos de denuncia, porque de ellas pueden extraerse conclusiones sugerentes, en especial en relación a la última década.
Las nuevas denuncias tienen un pico de crecimiento muy fuerte a partir de la reapertura de las causas y la existencia de nuevas sentencias en el año 2006, siendo que durante el período 1985-2005 se detectan 117 nuevos casos en Tucumán, en tanto que a partir del año 2006 hasta el presente se contabilizan 440 nuevos casos. Para más, las denuncias no bajan sino que siguen un patrón complejo y estamos trabajando en distintas hipótesis para explicar las curvas. Por ejemplo, el año con mayor número de nuevas denuncias en Tucumán desde 1984 ha sido 2014 con 76 nuevos casos, seguido del año 2008 con 63 casos (en 2016 sólo se han denunciado 6, pero en 2015 hubo 43 nuevas denuncias). Pareciera que tienen fuerza las condiciones políticas nacionales y provinciales (y muy en especial la existencia de condenas a los responsables o la apertura de nuevos tramos de las causas judiciales) como elementos para permitir enfrentar el miedo y las consecuencias traumáticas de la desaparición en la familia o en el barrio. La posibilidad de detectar nuevos casos no denunciados hasta el momento también depende de la voluntad de investigación de las fiscalías o querellas.
Como elemento fundamental, debe destacarse asimismo la propia percepción de la desaparición en sectores rurales u obreros en Tucumán como una práctica que puede y debe denunciarse, lo cual no fue en absoluto común en dichas regiones durante gran parte del período de institucionalidad democrática. Ello es transferible a otras provincias del país como Corrientes, Misiones, Chaco, Santiago del Estero, por ejemplo. Fenómenos claramente subregistrados han sido la represión sistemática a las Ligas Agrarias en todo el norte argentino así como la represión en las villas de emergencia en todo el país, entre otras especificidades de la lógica represiva.
Una cuestión llamativa en los nuevos casos es la proporción de sobrevivientes. En las denuncias producidas ante la CONADEP, este número era muy bajo: la mayoría de las víctimas correspondía a quienes continuaban desaparecidos o habían sido asesinados. A medida que pasa el tiempo, la mayor parte de las nuevas denuncias corresponden a quienes fueron detenidos desaparecidos (por lo general, por períodos breves) y fueron liberados. En el informe de la CONADEP los casos de Tucumán dan cuenta de 379 desaparecidos y asesinados frente a 139 liberados (27% de liberados). Entre 1985 y 2006 se agregaron 63 casos de nuevos desaparecidos y asesinados frente a 54 liberados (46%). En la última década encontramos 20 nuevas denuncias de desaparecidos y asesinados frente a 419 nuevas denuncias de quienes fueron liberados (95%).
Esto lleva a concluir, por una parte, que el objeto del terror (como en muchos otros procesos genocidas) fue atravesar al conjunto de la población con el sistema concentracionario, siendo que mucha más gente de la que creemos transitó por dicho sistema y fue devuelta a la sociedad para diseminar el terror, tal como nos intentan explicar hace años los sobrevivientes sin que podamos escucharlos con la suficiente atención. Por otra parte, que estas situaciones han sido las más difíciles de denunciar, siendo que recién veinte a treinta años después de los hechos comienzan a emerger. Esto tiene mucho sentido: quien fue secuestrado por períodos breves tuvo mucho menos que explicar a sus seres queridos, ya que era más fácil la negación o represión de lo vivido. Por otra parte, quienes fueron detenidos y torturados por pocas horas en comisarías, no necesariamente identificaron su situación como “desaparición”, lo cual muestra también los efectos de las sentencias en la construcción de las percepciones colectivas sobre el pasado. Hoy se denuncian más casos porque se logra percibirlos como tales.
Operatoria de relativización
La continuidad de la aparición de casos (tanto de asesinatos como de personas que continúan desaparecidas u otras que han sido liberadas) deja claro que en modo alguno ha concluido la investigación de los sucesos ocurridos en el genocidio argentino y que cualquier cifra a la que se arribe (como la que nuestro equipo ha construido para los casos en Tucumán, que duplica el informe inicial de CONADEP aun corrigiendo todos los errores cometidos en dicho momento) no es más que una aproximación parcial.
Más allá de la manipulación y de la mezquindad, se pierden de vista cuestiones centrales como las que emergen de un análisis sistemático de la información existente: las dificultades (aun en el presente) para denunciar los hechos, el carácter traumático de los mismos (y retraumatizante de muchas intervenciones públicas) y las características del proceso concentracionario, que buscó atravesar al conjunto social con el terror. “Por uno que tocamos, mil paralizados de miedo –decía el torturador de El señor Galíndez, la obra teatral de Tato Pavlovsky que prefiguró la lógica concentracionaria–. Nosotros actuamos por irradiación”. El genocidio ha tocado a muchos más argentinos de lo que suponíamos.
Cuestionar la cifra simbólica de 30.000 a partir de especulaciones malintencionadas pretende cerrar con un número imposible de definir hoy un proceso social que se propuso, en palabras de Raphael Lemkin, “destruir la identidad nacional de los oprimidos para imponerles la identidad nacional del opresor”. Aquello a lo que el abogado judío polaco, sobreviviente del nazismo, decidió llamar “genocidio”. O, en términos de los genocidas argentinos, “Proceso de Reorganización Nacional”.
En las disputas sobre los números, por tanto, no se está discutiendo realmente acerca de números. Se busca minimizar el carácter genocida de un tipo de persecución para buscar igualarla a otras modalidades de uso de la violencia (fundamentalmente, la violencia insurgente), exagerando simultáneamente dichos números (Victoria Villarruel, abogada de una de estas organizaciones, ha llegado a hablar de 17.000 “víctimas de la violencia terrorista”, incluyendo situaciones de lo más diversas, desde ajusticiamientos hasta secuestros, robos comunes, hurto de armas, muertes por fuego propio, heridos de las fuerzas estatales en operativos clandestinos de secuestro, etc.).
No se trata aquí de “priorizar a unas víctimas sobre otras”, como insiste la denuncia banalizadora y progenocida en los medios de comunicación, sino de la necesidad de distinguir diferentes usos de la violencia y prácticas sociales cualitativamente distintas. Para el caso, nunca se han contabilizado las víctimas de la inseguridad cotidiana durante el período dictatorial ni las víctimas de la violencia estructural (muertos por hambre, por hacinamiento, por enfermedades evitables), el impactante número de víctimas de siniestros de tránsito, las víctimas por accidentes de trabajo, las víctimas producto de la negligencia de funcionarios públicos (como, por ejemplo, en los casos de Cromañón o la masacre ferroviaria de la estación de Once), entre otros usos de la violencia y victimizaciones, que podrían oponerse del mismo modo falaz a la violencia genocida.
En esta operatoria de relativización de las consecuencias de un genocidio y de búsqueda de equiparación con las consecuencias de la violencia insurgente anida el huevo de una serpiente, la que busca relegitimar la solución genocida en un contexto de profundización vertiginosa de la pobreza que puede conducir a revueltas populares.
Es por ello que no se trata de esgrimir el Código Penal y solicitar la condena de estos nuevos discursos por desafiar lo “políticamente correcto”. Se requieren acciones de mayor compromiso, de profunda militancia, para salir a las calles a desarticular estos discursos relativizadores allí donde aparezcan, para garantizar que las tendencias genocidas que anidan en los sectores más oscuros de nuestra sociedad deban continuar sumergidas, sin darles la oportunidad de volver a levantar la cabeza, porque ya hemos experimentado aquello de lo que son capaces si llegan a conquistar otra vez el sentido común de los argentinos.
1. Respecto de la nueva versión de la lógica de los dos demonios, véase Daniel Feierstein, “Los dos demonios (reloaded)”, Bordes. Revista de Política, Derecho y Sociedad, UNPAZ, 9-2-17 (http://revistabordes.com.ar/los-dos-demonios-reloaded/). El análisis del uso de las denuncias de corrupción, dada su complejidad, la articulación de hechos reales y hechos inventados y su vinculación con realidades políticas más generales en las que la corrupción juega un papel relevante, requiere otro tipo de trabajo, imposible de desarrollar en este artículo por cuestiones de espacio.
2. Resulta triste constatar que muchos académicos caen presa de la misma ilusión, ignorando las dificultades impuestas por todo proceso genocida en la historia para arribar a dichos resultados, que lleva a altos números de subregistro y a la lógica respuesta postraumática de muchos afectados que no quieren volver a hablar del tema, menos aun frente al aparato estatal.
3. Dicho equipo está conducido por Ana Jemio y han participado otros 11 compañeros en el relevamiento y codificación de la información, en proyectos de trabajo de la Universidad Nacional de Tres de Febrero, la Universidad de Buenos Aires y el CONICET. El equipo se encuentra trabajando también con muestras a nivel nacional pero la dificultad de acceso a la información (en muchos casos a la propia información oficial), el alto número de casos no denunciados, la complejidad de la información de sobrevivientes (sensible y en muchos casos explícitamente protegida por los propios involucrados por razones comprensibles y legítimas) vuelve extremadamente difícil producir números fiables y que permitan tener la solidez que no tienen los políticos, periodistas y académicos que “revolean” cifras sin sustento.
4. Vale puntualizar que los 1.005 casos registrados por la Secretaría no se encuentran totalmente comprendidos entre los 1.202 que integran nuestros listados, con lo cual la suma y chequeo y constatación de ambos listados daría un número aun algo superior a los 1.202 casos de nuestro proyecto, que de todos modos seguiría siendo un número parcial, ya que se sabe que en muchas familias se decidió no hacer la respectiva denuncia, particularmente en los casos de sobrevivientes de detenciones por períodos inferiores a una semana.
* Investigador del CONICET y profesor UNTREF/UBA.

Peninsula de Cores

COREA DEL SUR

Corea del Sur elige presidente al candidato que llama a dialogar con Corea del Norte

Es Moon Jae-in quien se ha pronunciado contra del escudo misilístico emplazado por Estados Unidos y a favor de una relación más abierta con su vecino del norte. Podría significar un importante cambio regional.

ELECCIONES EN FRANCIA

¿Qué expresa que un tercio de los franceses no hayan votado ni a Macron ni a Le Pen?

1 de cada 3 franceses votaron en blanco o no fueron a votar. La crisis del régimen francés vista a través de las urnas.

Emmanuel Macron obtuvo el 66,10% de los votos y se alzó con el triunfo en el balotaje frente a Marine Le Pen, convirtiéndose así en el presidente más joven de Francia. Varios analistas han destacado su capacidad para organizar su propio espacio político en tiempo récord, por fuera de los partidos tradicionales y de las reglas de la política francesa.

Además, Macron ganó en todos los distritos del país (y en las regiones de ultramar), menos en dos: Pas-de-Calais y Hauts-de.France, donde Le Pen logró el triunfo, con poco más del 50% de los votos.